I lupi italiani sono unici al mondo! (Nat Geo)

(Straordinaria foto di Gian Luca Gavazzi)

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(…) Alberto Meriggi dell’università di Pavia (…) ha preferito non partecipare alla consultazione. “Dall’impostazione”, dice, “si capiva già dove si voleva andare a parare, cioè al controllo numerico del lupo. Io non sono assolutamente d’accordo ma sarei stato una voce fuori dal coro. D’altra parte i piani di gestione, a differenza dei piani d’azione, prevedono di default il prelievo, proprio a scopo di controllo numerico. Non volevo mischiarmi con questa farsa messa in piedi da colleghi molto accondiscendenti nei confronti del potere politico, che a sua volta subisce le pressioni di categorie come allevatori e cacciatori. La verità è che allo stato attuale non c’è alcuna necessità di controllo numerico: basterebbe intervenire con metodi di prevenzione, che si sono dimostrati molto efficaci, e migliorando la gestione delle popolazioni di ungulati selvatici”. Meriggi cita diverse pubblicazioni scientifiche che, sostiene, confermano l’inefficacia degli abbattimenti di lupi per prevenire la predazione del bestiame. (…)

Articolo completo : http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2017/01/31/news/lupi_piano_gestione_caccia_abbattimenti-3403733/?ref=fbng

PERCHÈ VOGLIONO LEGALIZZARE QUESTO?

di Francesco Baroni

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Si sta molto parlando, in questi giorni, del “Piano per la gestione e conservazione del Lupo in Italia”. Il documento, al paragrafo 7 della Parte III autorizza le tanto discusse deroghe al divieto di abbattimento dei lupi.

Quello che è realmente interessante è il paragrafo 7.1 sugli “Obiettivi della deroga” ovvero

a) Per prevenire danni seri, in particolare a raccolti bestiame domestico, foreste, pesca e acque e altri tipi di proprietà
b)Nell’interesse di salute e sicurezza pubbliche, o per altre importanti ragioni di interesse pubblico, incluse quelle di natura sociale o economica e di conseguenze benefiche di primaria importanza per l’ambiente.

Gli stessi redattori del Piano sono scettici riguardo all’applicabilità e all’efficacia del punto A, sostengono infatti che affinchè tale obiettivo vada perseguito con le deroghe sugli abbattimenti sarebbe necessario “un impegno di prelievo massiccio e continuativo nel tempo” e che “non esiste una relazione lineare tra numero di lupi e quantità di danni che permetta di pianificare un prelievo in ragione del danno sostenibile”.

Diversa è l’opinione sul punto B, e qui viene il bello.
Sostanzialmente i redattori del piano, preso atto del fatto che in alcune zone dell’areale del lupo sussistano condizioni di forte tensione sociale a causa di metodi di allevamento sviluppatisi durante i decenni di assenza del predatore, ritengono che l’abbattimento di alcuni esemplari possa “rappresentare un importante gesto di partecipazione e una dimostrazione di flessibilità che possono aiutare a superare il clima di contrapposizione che a volte sfocia in atti di bracconaggio” o, se vogliamo dirla in parole povere “non serve a un cazzo, ma visto che tanto lo fate lo stesso…”

Ma il meglio viene con la conclusione del paragrafo “Obiettivo primario di eventuali deroghe (…) è di contribuire (…) alla riduzione a) di eventuali danni ripetuti e massicci su scala ristretta b) DEL RISCHIO PERCEPITO E ALLA MITIGAZIONE DEI CONFLITTI SOCIALI ED ECONOMICI CONNESSI ALLA COESISTENZA TRA UOMINI E LUPO (avete presente cappuccetto rosso? abbatteteli, prima che si mangino la nonna!).

Personalmente leggo l’ipotesi delle deroghe come un vero e proprio contentino dato a un determinato gruppo di interesse che non ha nessuna utilità effettiva nella riduzione di un conflitto (che esiste, sia chiaro) tra la presenza del lupo e alcune attività umane.

Anche l’argomento, fornito da alcuni, secondo cui la deroga al divieto di abbattimenti permetterebbe di controllare il fenomeno del bracconaggio, non ha alcun senso. Primo perchè adattare il diritto al fatto è uno squallido escamotage per non ammettere la propria incapacità di contrastare determinati comportamenti, secondo, perchè legalizzando l’abbattimento dei lupi si darebbe legittimità a quel pensiero primitivo ancora forte in molte realtà, rurali e non, del nostro Paese, per il quale il lupo è considerato al pari di un’erbaccia da estirpare: “Vanno tolti”, spesso l’ho sentito dire.

Detto ciò, mi dispiace che sia stata inserita questa parte all’interno del Piano, perchè nel complesso si presentava bene, certo difficilmente applicabile data l’enorme diversità di condizioni (sociali, ambientali, economiche e culturali) del nostro Paese, ma sicuramente ricco di proposte positive. Peccato davvero.

Nelle foto, scattate da Paolo Rossi, un giovane lupo ucciso (per ora, illegalmente) in Val d’Aveto alcune settimane fa

Lupo ucciso in Liguria

Cabanne – Val D’Aveto

Nei primi giorni dell’anno 2017

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Le foto parlano da sole, si tratta dell’ennesimo lupo ucciso da una fucilata in Liguria. Il fatto è avvenuto nelle immediate vicinanze del paesino di Cabanne in Val D’Aveto. Il lupo è stato trovato morto da Marco G. (villeggiante) sulle rive del fiume Aveto. Si tratta di maschio di circa un anno e mezzo colpito da una carabina utilizzata di solito per sparare ai caprioli (nella foto il “tremendo” foro di uscita). Il lupo è stato consegnato dalla Polizia Provinciale al CRAS di Campomorone: (il comunicato) https://www.facebook.com/enpagenova1/posts/689798831192169. Anche nella morte, questo lupo è rimasto coerente con la sua natura: elusivo, mimetico e integrato nel suo ambiente. Infatti, ho impiegato un po di tempo a trovare la sua inerme carcassa dove mi era stata segnalata.

“La morte è soltanto un varo verso la regione dell’ignoto inesplorato, non è che il primo saluto alle possibilità dell’immenso remoto, del selvaggio, dell’equoreo, dell’infinito” H. Melville, Moby Dick

La lotta per la vita dell’orso marsicano di Fulco Pratesi

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(Foto Orso di WildLifeAdventures e Mappa di Corriere della sera)

Tra nuovi recinti e alberi da frutto, la lotta per la vita dell’orso marsicano

Corriere della Sera, giovedì 22 dicembre 2016

Non è un orso qualsiasi. L’ Ursus arctos marsicanus Altobelli, dal nome dello scienziato molisano che l’ha descritto, dovrebbe essere più vicino all’orso delle caverne (Ursus spelaeus) che non a quelli del nord Europa.
immagineI 50/60 esemplari che si aggirano nelle foreste dell’Appennino centrale – con centro nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (50 mila ettari, nato nel 1922) – non hanno, nonostante il loro valore, una vita facile. Solo dal 1971 al 2015, 112 orsi sono stati rinvenuti morti. Negli ultimi 45 anni la media è stata di circa 2,5 esemplari l’anno. Le cause, nonostante siano protetti, sono in primo luogo le fucilate di cacciatori e bracconieri (21 nel periodo in esame) e poi avvelenamenti da parte di allevatori o bracconieri (otto casi, più due sospetti). Nove sono finiti sotto le ruote delle auto e sei sotto il treno Sulmona–Campobasso.
Alcuni altri, deceduti per cause diverse, incrementano la lista delle perdite, che non consente, anche per l’esiguità dell’habitat protetto, un significativo aumento della consistenza, nonostante le nascite (undici nel 2012, sei nel 2013, undici nel 2014, cinque nel 2015 e dieci – di cui nove sopravvissuti – nel 2016).
Consapevoli dell’importanza della specie e dei pericoli che corre, principalmente per mano dell’uomo, molte iniziative sono in corso. Sia col Piano d’azione tutela orso marsicano (Patom) che coinvolge ministeri, Regioni, Parchi nazionali, Riserve naturali e Oasi Wwf, sia con l’attività di molte associazioni, dal Wwf alle locali «Salviamo l’orso», «Dalla parte dell’orso», «Associazione istituto abruzzese aree protette» e altre che si sono generosamente impegnate redigendo un Rapporto che è stato presentato recentemente a Pescara.
Oltre a quelle di divulgazione, sensibilizzazione, ricerca sul campo, censimenti e monitoraggi, l’opera dei volontari (anche provenienti, grazie al programma Erasmus, da altri Paesi) ha contribuito a recuperare le piante selvatiche e inselvatichite come peri, meli, ciliegi; a fornire e mettere in opera sistemi e recinti contro i danni provocati da orsi troppo confidenti; a sterilizzare cani inselvatichiti, e indennizzare per la perdita di animali da cortile, all’acquisto di cassonetti per rifiuti a prova di orso e messa a dimora di piante da frutto. Questo dovrebbe arrecare un sollievo alla popolazione ursina più a rischio del mondo.
A livelli più generali, la difesa della specie richiederebbe aumento della vigilanza e ampliamento della superficie protetta, soprattutto in luoghi di «corridoio ecologico» come quelli tra i Parchi d’Abruzzo, Lazio e Molise e quelli Regionali dei Simbruini e del Velino Sirente.

Fulco Pratesi

Lupi: l’epica ed estrema riconquista della Groenlandia!

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(Arctic Wolves – Photo Vincent Munier)

I lupi tornano negli areali perduti: stiamo assistendo ad una ricolonizzazione naturale da parte dei lupi in molte zone del nostro pianeta Terra. Zone dalle quali i “Canis lupus” erano stati sterminati dall’uomo con la forza (fucilate, trappole e veleno in primis).

Principali motivi del ritorno: Il primo è certamente il fatto che in molte zone del globo il lupo non è più perseguitato dall’uomo come un tempo. Il secondo motivo sta in una delle eccezionali qualità dei lupi: la “dispersione”. I giovani infatti, compiono vere e proprie odissee di moltissimi chilometri in cerca di una compagna/o e di un nuovo territorio (possono viaggiare anche per 1.000 chilometri se non trovano il luogo ideale per “fermarsi”).

Una delle ricolonizzazioni più affascinanti ed epiche: il ritorno “nell’estrema Greenland”! Questa è la storia che mi ha più affascinato e che naturalmente è tutt’ora “in corso” di svolgimento (Ulf Marquard-Petersen**). La superficie dell’isola in questione è molto estesa, ma le zone utili alla sopravvivenza di un qualsiasi mammifero e/o nostro simile sono pochissime e “arroccate sulla costa”.

La Storia: Sin dall’inizio dei tempi uomini (come gli Inuit) e lupi hanno convissuto e/o si sono tollerati sull’isola, sino a quando nei primi del ‘900, le cose cambiarono: giunsero danesi e norvegesi che attraverso l’utilizzo di veleno, perseguitarono e infine sterminarono la specie (1939 ultimo lupo ucciso in Greenland).

Il ritorno ufficiale: 1979 la prima segnalazione ” avvistato un lupo artico in Groenlandia! “

Da dove è arrivato? è giunto in modo naturale dai vicini (si fa per dire) territori del Canada del Nord, territori popolati da lupi ma con bassissime densità: 1 lupo ogni 2774 km2 (In Italia vi è un lupo ogni 80 km2 circa! Poichè, come tutti sanno, minore è la disponibilità di cibo per un predatore e minore è il numero dei predatori presenti in una determinata zona).

Il territorio: La calotta glaciale ricopre tutto l’interno del paese e arriva a uno spessore massimo di 3.000 metri. Per questo è la regione della Terra che più assomiglia al continente antartico (Wikipedia). Se a questo aggiungiamo il clima veramente estremo: 7 mesi di buio quasi totale con temperature che possono scendere anche sino a 45 gradi sotto lo zero, possiamo renderci immediatamente conto di quanto sia epica l’attuale ricolonizzazione della Greenland da parte dei lupi artici (Canis lupus arctos).

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I lupi che sono tornati in Groenlandia hanno sfruttato i corridoi ghiacciati che nella stagione fredda collega l’isola all’estremo nord canadese. Un viaggio davvero lungo e straordinario. Facilitato (come dicono gli esperti) dalle scie delle piste lasciate sulla neve da parte delle slitte militari trainate da cani (*) e guidate da uomini (che i lupi hanno abilmente e opportunamente seguito).

Oggi si stima che in Groenlandia ci siano almeno 50 lupi in libertà.

La fauna che hanno trovato in Groenlandia: I nuovi lupi arrivati, hanno trovato una buona popolazione di Bue muschiato (si stima che sull’isola viva il 40% della popolazione mondiale di buoi muschiati-Ovibos moschatus)***

* esistono alcune testimonianze di “guidatori di slitte” che hanno assistito a scene di lupi artici che seguono curiosi le loro piste.

** http://www.bioone.org/doi/pdf/10.2981/11-032

***http://wolfology1.tripod.com/id118.htm