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“L’obiettivo finale resta comunque la tutela e la messa in sicurezza del comparto zootecnico locale”
(WildLife Watching – osservare i selvatici. Foto di P.Rossi – Rifugio Pian dell Bosse 2015)
La zootecnia in Liguria praticamente non esiste, ed è comunque in calo, giusto comunque tutelare le poche attività rimaste. Se però vogliamo parlare di lupi in termini economici (oggi sono questi che contano, vabbè) occorre tenere in cosiderazione alcuni dati.
Primo fra tutti, la riscoperta dell’entroterra da parte di cittadini e turisti, attirati dai paesaggi unici tra cielo e mare, dai borghi sperduti e silenziosi e, diciamolo, anche dal ritorno del lupo, con l’ aura magica che questo leggendario predatore porta con sé.
Il “turismo del Lupo” è una realtà che alcuni Enti Parco (Antola, ad esempio) stanno in qualche modo scoprendo e incentivando, non dimentichiamo l’apertura del Centro Visite del Lupo a Rondanina e tutte le iniziative dedicate in tutta la Regione.
Fino a pochi anni fa, il nostro entroterra tentava di sopravvivere grazie all’indotto dell’attività venatoria in inverno, e grazie ai villeggianti in estate. Oggi, rispetto ad allora, i cacciatori si sono quasi dimezzati (finalmente direi, sono poco più di 15000 in tutta la Regione e calano di circa 500 unità all’anno), e la crisi ha spinto alcuni villeggianti ad accorciare, se non abbandonare del tutto le ferie.
Sono sempre di più invece, e qui parlo per esperienza diretta, quelli che scelgono di girare i sentieri dei nostri monti nel tentativo di avvistare le tracce del passaggio del lupo, che scelgono di comprare una reflex e non un fucile, che frequentano le osterie della Val Trebbia, della Val d’Aveto, del Parco del Beigua per rifocillarsi dopo una giornata passata a camminare (in genere senza aver visto un bel niente, ma per quello ci vuole esperienza).
È questo sempre più nutrito gruppo di persone che si avventura nelle nostre valli alla ricerca di quelle aziende agricole a conduzione familiare, proprio quelle che nella nostra regione lamentano il conflitto col lupo, per comprare da loro prodotti più genuini, per sfuggire dall’impersonalità del supermercato. I “lupari del 2000” sono spesso amici sia del lupo che del pastore, dal quale spesso si fanno raccontare avvistamenti, movimenti, episodi, legati alla presenza del predatore che loro, in genere, non hanno mai visto. Quante volte le informazioni vengono barattate con l’acquisto di una formaggetta?
La “febbre del lupo” può diventare una risorsa per l’economia dell’entroterra a patto che si investa in convivenza, non in repressione. È importante che, affichè non venga strumentalizzata politicamente per compiacere determinate associazioni di categoria, la deroga sugli abbattimenti sparisca dal Piano di conservazione del Lupo, è un passo indietro che è necessario fare.
In questo senso il lupo può rappresentare la salvezza per le nostre valli e, paradossalmente, anche per i pastori che ci lavorano.
Francesco Baroni