Il ritorno del lupo in Liguria nelle foto di Paolo Rossi (Il Secolo Xix)

Link articolo originale: http://www.ilsecoloxix.it/p/eventi/2017/10/08/ASW4XLsJ-nelle_ritorno_liguria.shtml

Genova – «Il ricordo più bello che ho è anche il più recente: quest’estate ero in appostamento, e sono stato circondato da tre cuccioli che mi hanno giocato intorno per almeno mezz’ora. Vederli nel loro ambiente, ancora non “contaminati” dalla paura dell’uomo, è stato incredibile». Paolo Rossi ha 33 anni, e da quando ne aveva 18 va a caccia di lupi. Non con doppietta e trappole, però, ma con una macchina fotografica, per immortalarli nel loro habitat naturale e ritrarli per quello che sono: non spauracchi da libro delle favole, ma animali magnetici, affascinanti e schivi, da avvicinare «con rispetto, senza disturbarli».

Per sfatare miti e superstizioni negative sui lupi, Paolo ha partecipato a un incontro organizzato alla biblioteca Berio dal Circolo Culturale Proletario di Genova, in cui ha mostrato le fotografie del suo ultimo libro, “Lupi estremi”, insieme con alcuni video che ritraggono i lupi sui monti della Liguria, diventato ormai uno dei loro habitat: «Da quasi trent’anni il lupo è tornato in modo naturale nella nostra regione salendo dal centro Italia – spiega Rossi – e in Liguria sta colonizzando anche zone costiere grazie al fatto che molte sue prede come cinghiali e caprioli si sono spostati lungo la costa».

 

Le zone maggiormente battute da Rossi per la “caccia fotografica” ai lupi sono, ormai da una decina di anni, quelle «più selvagge e meno frequentate dall’uomo, o quelle che proprio l’uomo ha modificato in maniera sostanziale tagliando legna o facendo strade. Quindi i luoghi più selvaggi del Beigua, della val d’Aveto e della val Trebbia». Zone in cui Rossi ha trascorso ore, giorni in appostamento alla ricerca dello scatto perfetto: «La gavetta, per chi vuole fare il fotografo naturalista, è lunghissima, soprattutto se ci si concentra sui lupi. Bisogna imparare più cose di un ricercatore, non devi solo studiarne tracce e genetica, ma anche utilizzare metodi più simili a un cacciatore che a un biologo, come per esempio restare sottovento, cercare le tracce più fresche, restare perfettamente in caso di necessità. E ovviamente ci vuole un pizzico di fortuna».

Rossi è riuscito, nel corso degli anni, a scattare diverse foto di lupi e a trascorrere molto tempo in loro presenza. Ma proprio la presenza del lupo in zone abitate anche da allevatori ha causato non pochi problemi dal punto di vista del bestiame, alimentando ulteriormente la polemica sulla loro presenza in Liguria. Polemiche che Rossi, che abita sulle alture di Nervi e in estate va a Rovegno, proprio in val Trebbia, stronca sul nascere, sottolineando che «nel corso degli anni sono diventato amico di diversi allevatori che da quando utilizzano i recinti elettrici, uniti ai cani che proteggono le pecore dai lupi hanno praticamente azzerato i problemi. Spero quindi che chi sino a oggi ancora non ha preso queste precauzioni lo faccia: prima succederà, prima la convivenza sarà più semplice».

Andrea Barsanti

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Il mitico museo di storia naturale di Londra mi ha ricordato quanto sono importanti le feci di vacca per nutrire non solo i nostri amati orticelli ma anche il bosco: che assimila le cacche attraverso i piccoli “insetti collaboratori”. (Forse il mio collegamento è un po forzato ma…) Allora forse le “Vacche Ribelli” di Mele e Masone non sono solo un problema (perché distruggono gli orti) ?! Sono anche un toccasana per la salute del bosco, un importante tassello nel mosaico della biodiversità ligure. Che noi purtroppo ad oggi, non stiamo proteggendo.

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Il sogno dell’uomo Villaggio era diventare immortale

LA STAMPA – Martedì 4 luglio 2017

 

Il sogno dell’uomo Villaggio era diventare immortale

di Alberto Infelise

 

Paolo Villaggio era molto più grande di Ugo Fantozzi. Soprattutto Paolo Villaggio non era Ugo Fantozzi: Ugo Fantozzi eravamo noi. A lui, anzi, Fantozzi faceva pure un po’ schifo, così meschino, così perdente, così rassegnato.

Villaggio era un uomo geniale un po’ incarognito dal fatto che attorno ne avesse di altri come lui, ma godeva a scarnificare la pochezza dei deboli perché sapeva che anche gli altri sono molto sadici e poco masochisti. Lo sapeva e si divertiva a prenderci in giro. Tanto era certo che non lo avremmo capito, perché, proprio come Fantozzi, non siamo questo granché. E ridevamo come se Fantozzi non fossimo noi.

Villaggio visto da vicino era Combram, metteva subito alla prova. Una ventina e passa di anni fa, alla domanda “Pronto la disturbo?”, rispose con stupore: “Ma sei scemo? Sono vecchio, non ci ho un cazzo da fare. Parliamo”. E parlò per ore, meravigliose ore. Mentre Sordi rappresentava le malizie collettive, i difetti di un modo di essere nazionale, Villaggio si concentrava sul privato: prendeva il peggio che vedeva negli altri (difetti fisici compresi) e lo faceva diventare satira, con l’effetto grottesco legato al fatto che tutti si immaginassero migliori dei mostri che raccontava. Con De André aveva in comune il fatto di avere un fratello che tutti consideravano migliore (nel suo caso persino magro – maledetto! – nonostante fossero gemelli). Da ragazzi avevano tirato fuori tutto quello che avevano perché principalmente erano dilaniati dal desiderio di essere considerati degni dei fratelli. Quando Fellini chiamò Villaggio per La voce della luna confessò a De André di essere terrorizzato di dover recitare per un mostro sacro: De André gli disse che era un cretino e che era Fellini a dare l’affare a far recitare un grande artista come Villaggio. Lui fece finta di crederci. La grandezza di Villaggio, in tutta la sua purezza, forse la si capisce al meglio leggendo i suoi libri o i suoi articoli. La sua scrittura è un’architettura solida che attraverso il sarcasmo belluino arriva al comico e al tragico. Oppure ancora attraverso le sue interviste. Pezzi d’arte in cui è sempre meravigliosamente falso. Perché non voleva dare nulla di sè allo spettatore che fosse vero o privato (che tanto quello non avrebbe capito un bel niente), non desiderava essere amato o compreso dal pubblico. Ma avrebbe fatto di tutto per rendersi immortale ai suoi occhi. E fortunatamente ci è riuscito.