L’eterna lotta tra il cane e il lupo

 

L’eterna lotta fra il cane e il lupo 

Prove inconfutabili che la convivenza con il lupo è possibile

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In una mattina di novembre del 2017 Paolo e sua moglie Valeria si dirigono nel cuore dell’Appennino abruzzese, zona famosa per gli appassionati di animali selvatici e di foreste primitive. Nelle vicinanze dell’antico borgo di Opi, mentre sono a bordo strada nel tentativo di avvistare animali, notano del movimento sulle alture alle loro spalle. “Subito abbiamo visto due lupi risalire di corsa il versante roccioso, inseguiti da due cani da pastore. Ho puntato in quella direzione lo zoom della mia Nikon e ho iniziato a scattare. Appena i lupi giungono in cima spunta dal crinale un gregge di capre, inseguite da un terzo lupo che le spinge verso gli altri due. Ci è parsa del tutto una manovra di accerchiamento”.

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Le foto di Paolo sono eccezionali e mostrano la reazione dei cani da pecora abruzzesi, che con le movenze e gli atteggiamenti danno l’impressione di essere bestie con il fisico di un lupo e il manto di una pecora. Tutto accade in pochi minuti, si vedono i cani che contrattaccano e spingono via i lupi, lontano dal gregge. Lanciano attacchi decisi ma senza mai allontanarsi troppo dalle capre, con la testa bassa e le orecchie indietro. Appare un terzo cane: i lupi non possono fare altro che rinunciare e fuggono con la coda tra le gambe. Tra i vari scatti realizzati da Paolo in quegli incredibili istanti, nella foga dello scontro tra cani e lupi appare anche una cornacchia in volo. Non è difficile immaginare per chi tifassero in quelle ore le cornacchie del posto: sono infatti uccelli assai abili nel seguire i lupi per cibarsi dei resti delle loro prede.

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L’avvistamento di Paolo e Valeria si conclude con i lupi che svaniscono tra le radure e la faggeta: “Uno dei cani da pecora si è diretto verso la zona abitata e poco dopo è tornato in compagnia del pastore”. Voleva ricordare al suo padrone che non si lascia solo il gregge? O voleva vantarsi dell’attacco sventato? Non lo sapremo mai.

 

Paolo Ruggieri (Fotografie)

Paolo Rossi e Dario Casarini hanno trasformato il racconto di Paolo Ruggeri in questo breve articolo.

prossifoto@gmail.com – www.paorossi.it

Ululare con un lupo vagante

Quel giorno che un lupo mi ha beccato appostato: Da prima è fuggito ma poi, appena è uscito dalla mia visuale ha cominciato a rispondere ai miei ululati. Prima di sparire definitivamente tra la faggeta e le pinete dell’ Alta Val D’Aveto (Appennino Ligure Ottobre 2014 ore 17:00). www.paorossi.it

Aspettando i lupi

ASPETTANDO I LUPI

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“Le cose grandi per tutti non esistono, sta a noi farle grandi. E quando sono grandi vanno lasciate in pace. Come le montagne, come i giganti.”

Vinicio Capossela

 

Nel 1991 nel paese di Rezzoaglio, piccola comunità di montagna a 60 km da Genova, viene trovata una coppia di lupi morti, uccisi nei lacci da un bracconiere. É un avvenimento importante, tra i primi che segnano la progressiva ricolonizzazione dell’Appennino Ligure da parte di questo animale.

Al principio degli anni settanta del lupo italiano rimanevano circa 200 esemplari, confinati nell’Appennino centro-meridionale. Il carattere estremamente selvaggio di territori come le montagne della Marsica ha salvato il Canis lupus italicus, specie endemica della nostra penisola, dalla catastrofe. A partire da quell’esigua popolazione, in quarant’anni il lupo ha ricolonizzato tutto l’Appennino e gran parte delle Alpi, con una popolazione attuale stimata di 1500-3000 individui. Il ritorno di questo grande predatore è una conseguenza diretta del grande cambiamento verificatosi nella società italiana: negli anni sessanta l’Italia si é trasformata da paese agricolo a paese industriale. Con il miracolo economico la popolazione lascia la vita da contadino e da allevatore nelle campagne per trasferirsi con la famiglia in città. Il famoso abbandono della montagna: oggi l’Appennino è costellato di paesi fantasma, che si animano per due settimane l’anno ad agosto, quando i discendenti degli eroici contadini migrano in fuga dal caldo afoso delle grandi città. Le regioni montane, non più governate e presidiate dall’uomo, sono state in poco tempo rivendicate dalla natura: dove fino a cinquant’anni fa c’erano pascoli e campi, ora ci sono fitte foreste. In questo ambiente nuovamente selvaggio sono tornati caprioli, cinghiali, cervi e naturalmente i lupi.

A picco sul mare

Da vent’anni i lupi sono la mia ossessione. Da quando da ragazzino trovai le orme su un  sentiero alle pendici di “Montarlù”, (“monte del lupo” nel dialetto dell’alta Val Trebbia) è incominciata una sfida per vedere un animale leggendario, che più di ogni altro scatena turbamenti nell’animo umano. Iniziai a muovermi silenzioso sui monti, all’alba e al tramonto, prestando attenzione alle tracce e ai racconti di cacciatori e fungaioli. Ci sono voluti dieci anni perché vedessi i miei primi lupi, due cucciolotti nell’erba alta sorvegliati a distanza dagli adulti. Da quel momento decisi che volevo conservare una prova di questi istanti mitici e tanto attesi, così iniziai ad appostarmi con una macchina fotografica.

Sono diventato un fotografo di lupi. Prediligo i luoghi più selvaggi, dove la presenza umana è ridotta al minimo. Amo le radure e le praterie d’altitudine, tra le faggete e i boschi di abete bianco. Cerco un nascondiglio tra le rocce o i ginepri, attento alla direzione del vento per non tradirmi con il mio odore. Aspetto, immobile e in silenzio, per ore e ore, la stragrande maggioranza delle volte senza successo. “Cercare di fotografare un lupo sull’Appennino è come andare per funghi trenta volte e trovarne soltanto uno” dice il mio collega fotografo Nicola Rebora. Infatti il lupo è un animale estremamente elusivo. Sensi molto più sviluppati dei nostri, se immobile è praticamente invisibile grazie al manto mimetico; da millenni sa evitare l’uomo, attualmente il suo nemico principale.

Maggiore è l’attesa e maggiore l’esaltazione dell’avvistamento. Vengo ripagato di tutto: la ricerca, le ore di attesa, il gelo delle limpide albe invernali e l’umido terrificante dei tramonti quando tira vento di mare e si viene sommersi dalle nuvole basse. Condizioni che spesso l’escursionista della domenica non sperimenta.

Lupo (da Video-Trap)

Nel 2007 in Val Penna, dove ho realizzato alcuni dei miei scatti migliori, è stato denunciato un bracconiere che da anni nelle osterie si vantava della sua collana di denti di lupo, formata dai canini di sette individui da lui uccisi in diversi modi. Questo è solo un esempio della tipologia di personaggi che popolano le montagne liguri. Lo storico greco Diodoro Siculo descrisse così le popolazioni dei Liguri dell’età romana: ”Le donne hanno la robustezza degli uomini e gli uomini la robustezza e l’indomabilità delle belve”.

In queste zone il lupo non ha vita facile e gli episodi di bracconaggio non sono rari. Viene visto come un competitore dai cacciatori e come un grave danno dagli allevatori.

Più di una volta nei miei appostamenti ho avvistato bracconieri o trovato segni della loro presenza: in fondo agiamo in modo simile ed è normale che le nostre strade si incrocino. Passando ogni anno centinaia di ore nei monti, cerco nel mio piccolo di svolgere un’attività di presidio e vigilanza sul territorio, segnalando ogni attività sospetta.

Le persone che mi sostengono, acquistando i miei libri o partecipando alle mie escursioni, quindi non stanno solo finanziando un fotografo freelance ma contribuiscono anche alla vigilanza antibracconaggio in questi posti estremi.

Gli anni passano e la mia passione nel cercare, fotografare e documentarmi su questi splendidi animali non scema. Ho realizzato due libri fotografici (Lupi Estremi, 2017 e Incivili, 2018). Porto gli appassionati ad appostarsi con me. Insegno a cercare tracce, capire gli spostamenti e ad attendere con pazienza e umiltà. Non garantisco mai l’avvistamento: secondo me quel mitico incontro bisogna guadagnarselo da soli, io posso solo indicare la strada.

Di Paolo Rossi e Dario Casarini – prossifoto@gmail.com

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Il custode della bellezza

Una signora mi ha raccontato che suo figlio da piccolo è diventato cieco completamente però ha imparato a nuotare e a camminare nei boschi da solo senza neppure il cane guida. Dopo degli anni, qualcuno gli ha chiesto “ti piacerebbe tornare a vedere?” lui ha detto NO. Ha detto di NO perché era talmente immerso nella bellezza che la vista e gli occhi lo avrebbero condizionato nel vedere solo la superficie delle cose. Marco Morandi (trasmissione integrale https://www.raiplayradio.it/…/SECONDA-CLASSE-7a174209-bd09-…)

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“Vasche trappola” per animali selvatici in tutta Italia

In queste ore si alzano potenti le voci di denuncia contro le quella vasca/cisterna di cemento che ha ucciso dei rari e protetti orsi marsicani in Abruzzo (https://www.repubblica.it/ambiente/2018/11/15/news/mamma_orsa_e_i_suoi_due_cuccioli_annegati_in_una_vasca_d_acqua_privata-211753815/?rss). Nelle ore seguenti all’uscita di questa terribile notizia mi è subito tornato alla mente il terribile episodio del 2011 quanto sopra il paese di Torriglia un lupo nero (Canis lupus italicus) morì annegato in una cisterna a cielo aperto di un ex discarica di rifiuti. Nell’articolo originale (riportato sotto in corsivo) non si menziona l’annegamento nella cisterna, probabilmente per richiesta di un ente pubblico locale (paura di brutte figure pubbliche!). 4E18945D_003507_6BFFA468_Foto_mail_PICTURE--158x237Tra il 2009 e il 2012 frequentai spesso quella zona e documentai fotograficamente la presenze di una splendida famiglia di lupi, non fotografai mai il lupo nero ma pochi mesi prima della sua fine, lo vidi riposare nella neve insieme al resto del suo nucleo famigliare.  Alcune persone residenti nei paesi nella zona, ancor prima della notizia del lupo annegato nella cisterna, mi riferirono che più volte degli animali selvatici erano finiti in quel maledetto buco pieno d’acqua putrida con le pareti lisce e quindi senza appigli per risalire. Ma ci volle la morte di una specie importante come un lupo per convincere i responsabili della zona a chiudere una volta per tutte quella trappola a cielo aperto. Allego una foto della zona: il quadrato rosso è la zona della cisterna-trappola, che per fortuna oggi risulta chiusa e interrata.Immagine

Giallo a Torriglia, morto l’unico lupo nero dell’Appennino
di Matteo Sacco – 10 luglio 2011
Genova – E’ morto per cause naturali? O è stato avvelenato? È giallo sulla morte di un lupo ritrovato a Torriglia, località alle spalle di Genova, all’interno del parco dell’Antola. L’animale trovato già in avanzato stato di decomposizione, appartiene a una specie molto rara: il lupo nero.
Eraldo Minetti, commissario della Polizia provinciale, afferma: «Si trattava dell’unico esemplare nei boschi genovesi e, con molte probabilità, il solo lupo nero della Liguria». La caratteristica che rende questa variante così particolare nella specie, è la sua formazione. Secondo alcuni ricercatori specializzati è presente, nel corredo del Dna dell’animale, un “inquinamento genetico”, dovuto all’accoppiamento del lupo con i cani selvatici. La teoria più accreditata, invece, spiega la particolarità individuando varianti melaniche dei geni. «È lo stesso caso della pantera nera – precisa Minetti – si tratta di un giaguaro afflitto da melanismo, cioè colpito da una mutazione di un gene dominante che “colora” di nero il mantello dell’animale. Allo stesso modo avviene per il lupo».
Non è stato possibile completare l’autopsia. La carcassa dell’animale, già parzialmente decomposto, ha consentito agli operatori del parco naturale dell’Antola, di prelevare soltanto un campione e spedirlo all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale di Bologna, per farlo analizzare.
«Aspettiamo i risultati per tracciare un’identità genetica. Era da più di due anni – spiega Marco Carraro, dirigente del parco dell’Antola – che le foto-trappola (macchine fotografiche nascoste tra la vegetazione che scattano al passaggio degli animali ndr), ritraevano questo esemplare aggirarsi nei boschi, con il gruppo famigliare del parco».
Questo è solo l’ultimo caso in cui l’uomo si accanisce contro il lupo. Molto spesso le guardie della Forestale e gli agenti della polizia provinciale recuperano esemplari avvelenati o molto spesso “impallinati” da fucili da caccia. Nonostante il lupo sia un animale protetto da una legge che risale al 1971, «con ormai troppa frequenza è vittima di caccia e di bracconaggio», spiega Minetti. Probabilmente chi potrebbe aver ucciso l’esemplare ignorava la particolarità di questa variante genetica. «Sta di fatto che anche il Parco dell’ Antola aveva il suo lupo nero – si rattrista Minetti – adesso non più».

Il lupo – biologia e gestione sulle Alpi e in Europa

il-lupo-biologia-e-gestione-sulle-alpi-ed-in-europadi Francesca MARUCCO
Biologia e gestione nelle Alpi ed in Europa
Il libro fa parte della collana intitolata “Monografie”, i cui volumi affrontano ciascuno un singolo argomento -di natura faunistica, ambientale, naturalistica in ge­nere od altro- in maniera approfondita ed esauriente, su basi rigorosamente scientifiche, ma agile e di faci­le lettura essendo rivolti ad ampie categorie di lettori. Anche in questa collana i testi sono arricchiti ed im­preziositi da immagini fotografiche, talune di eccezio­nale rarità, di elevatissima qualità anche tipografica.
I lupi stanno naturalmente recuperando i loro areali originari in Italia, sulle Alpi e non solo. Questo nuovo millennio è infatti un momento positivo per le popolazioni di lupo in Europa, che sono per la maggior parte in crescita sotto il profilo sia demografico sia geografico. La grande sfida per la conservazione del lupo nel prossimo futuro è riuscire a sviluppare un regi­me di convivenza tra questo grande carnivoro e le attività antropiche, sulla base della cono­scenza della specie e di dati oggettivi della sua presenza, e questo libro rappresenta un impor­tante contributo in questa direzione. Questo libro descrive con un linguaggio non tecnico l’ecologia del lupo, con i suoi forti le­gami di branco, con un territorio che si estende per centinaia di chilometri quadrati: un animale che, quando in dispersione, è alla ricerca di un compagno/a anche attraverso i confini a lui in­visibili. Ed infine diventa un utile manuale per l’osservatore ed il ricercatore alle prime armi. Il tutto sulla base di esperienze dirette e dati rac­colti dall’autore, nota esperta della specie. Un’occasione per vivere con più consapevolezza il ritorno del lupo sulle Alpi, per riconoscere i segni lasciati da un predatore elusivo, e per strutturare una maggiore cultura del selvatico, ancora poco svi­luppata in Italia, che è un approccio fondamentale per la conservazione del mondo naturale che da sempre il lupo simboleggia.
L’AUTORE
Francesca Marucco, classe 1974, zoologa, ha una lunga esperienza con i lupi: li studia da vent’anni, fra il Piemonte e il Montana (USA); è stata coordinatrice tecnico- scientifica del progetto di ricerca e gestione del lupo per la Regione Piemonte, il famoso Progetto Lupo Piemonte. Dopo la laurea a Torino, ha conseguito un master e un dottorato (PhD) negli Stati Uniti presso l’Università del Montana dedicati all’ecologia della spe­cie. È oggi professore a contratto presso l’Università di Torino, membro affiliato con l’Università del Monta­na e coordinatore scientifico del Progetto LIFE WOLFALPS presso il Centro Gestione e Conservazione Grandi Carnivori, che prevede il monitoraggio della popolazione di lupo sulle Alpi e la ricerca di buone stra­tegie gestionali per la convivenza tra lupo e uomo. Ha pubblicato numerosi articoli scientifici a livello inter­nazionale, contribuisce come editore e reviewer per giornali scientifici ed è referente sull’argomento per il Ministero dell’Ambiente. Collabora in diversi progetti di ricerca sui grandi Carnivori a livello europeo e mon­diale, con università statunitensi e canadesi; è coinvolta in gruppi di monitoraggio e gestione del lupo sia al­pini che europei, in particolare è membro dal 2001 del Wolf Alpine Group (WAG) e dal 2012 del Large Car­nivore Initiative for Europe (LCIE), un Gruppo Specializzato dell’IUCN.
Formato: 17 x 24
Immagini: circa 120 colore 
Data pubblicazione: giugno 2014 
Pagine: 175

Poca etica nel più importante concorso fotografico del mondo

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Ed eccolo qua! Un bellissimo scatto vero?! Ma per stessa ammissione degli autori, questo scatto è frutto di un appostamento vicino ad un “carnaio” per orsi. Uno dei concorsi fotografici più prestigiosi del mondo (wildlife photographer of the year) che accetta foto realizzate grazie a “esche,carnai,attrattivi”???? 
Mi spiace notare che molti GRANDI fotografi di natura (in Italia e nel mondo) non prendono posizione contro questa “penosa pratica”. Temo che non prendono posizione per semplice “paraculismo”: molti di questi “ricchi viziati uomini bianchi che vogliono una foto ad ogni costo” SONO anche LORO CLIENTI ! Lo scatto in questione con il commento degli autori è visibile su: http://www.nhm.ac.uk/visit/wpy/gallery/2017/images/1114-years-old/5156/wolf-watch.html Un fatto molto grave secondo il mio parere, visto che questo concorso è organizzato da un ente importante come il museo di Storia Naturale di Londra. Dare cibo agli animali selvatici è molto grave: si abitua l’animale a non cercare cibo da solo in natura e si abitua l’animale ad associare l’uomo al cibo, mettendo a rischio l’incolumità dell’uno e dell’altro.

Andrea “etico cercatore di lupi”

Appennino Piemontese – 17 Maggio 2018

Sono felice di fare una piccola intervista ad Andrea Nagliero, che nel suo tempo libero con rispetto e buon senso cattura immagini di lupo in libertà (Canis lupus italicus).

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Paolo Rossi: Andrea quando hai iniziato ad appassionarti nell’osservazione di animali selvatici?
Andrea Nagliero: È una passione che ho da sempre ma solo da due anni a questa parte ho avuto buoni risultati nella ricerca.

PR: risultati ottenuti soprattutto attraverso l’utilizzo di una foto-trappola giusto?
AN: Si uso da qualche anno una foto-trappola, è un mondo nuovo per me perché in passato non mi interessava più d tanto e mi limitavo a fare delle belle camminate e a cercare le tracce dei selvatici.

PR: non utilizzi esche o simili per attirare selvatici davanti alla tua foto-trap vero?!
AN: Vero, dare cibo ai selvatici è sbagliato: lupi e volpi oggi potrebbero mangiare una polpetta davanti alla mia video-trappola e domani potrebbero mangiarne una piena di veleno piazzata in giro da qualche bracconiere. Meglio dunque non abituare i carnivori a mangiare cose che non hanno ucciso loro, dopo tutto creature come i lupi sono affascinanti proprio perché sanno cavarsela da sole in condizioni climatiche difficili, come si vede nella mia immagine di lupi nella neve. 
Preferisco “guadagnarmi” i video e le foto senza scorciatoie ma attraverso lo studio e l’osservazione del bosco: studiando i sentieri e le zone dove i lupi hanno passaggi obbligati o cercando posti dove c’è stata una predazione o luoghi dove dormono gli animali o magari piazzando la foto-trap nei pressi una pozza d’acqua che invita naturalmente molti selvatici a servirsene per dissetarsi.

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PR: ti chiedo ancora notizie in merito al bellissimo video di lupi nella neve che hai girato con la video-trap, come mai si fermano e annusano in terra? visto che non usi esche alimentari?!
AN: un segreto c’è, a volte piazzo davanti alla video-trappola un escremento dei lupi di zona, in questo modo a volte i lupi stessi si fermano ad annusare quel tanto che basta per azionare il sensore della video-trap. Non utilizzo escrementi di lupi di altre zone/territori perché non vorrei mai creare tensione fra nuclei famigliari differenti. Le feci di lupo veicolano importanti messaggi territoriali, quindi non bisogna essere invasivi.

PR: Cosa si prova quando si scopre di aver catturato belle immagini?
AN: Emozioni enormi, anche se i primi video ritraevano solo lupi che passavano di sfuggita, come spettri selvaggi. La cattura più emozionante è certamente quella dei lupi nel bosco ammantato di neve: fieri, attenti, coesi e con una splendida pelliccia invernale. Davvero una bella emozione vederli crescere mese dopo mese attraverso l’occhio un po’ indiscreto della foto-trap e notare i cambiamenti fisici. Diventare adulti non è per niente scontato per lupo: obbligato ad affrontare agguerrite prede come il cinghiale, a evitare i bracconieri, le strade e le ferrovie. E sempre attento a non scontrarsi con i lupi rivali.

PR: Altri episodi e curiosità riguardo alla tua passione di “fototrappolatore”?
AN: Mi piace molto osservare le interazioni dei selvatici quando si imbattono in un escremento di lupo, per esempio ho notato che alcuni giovani di daino scappano, qualche cinghiale invece si ferma e si guarda attorno attentamente. Mentre tasso e volpe spesso ci marcano sopra (con escrementi, urina e raschiamenti).

PR: Quanta pazienza ci vuole prima di avere buoni risultati con questa tecnica?
AN: Molta pazienza mentre la passione sostiene nei momenti di sconforto. La cosa più importante è essere costanti e non scoraggiarsi mai, visto che la maggior parte delle volte la video-trap riprende svariati animali selvatici e rarissimamente i lupi. Spesso mi ritrovo in posti molto selvaggi e isolati dove mi concentro per cercare sentieri battuti da animali, a volte cammino per ore smaniando di trovare qualche traccia: una cacca, un impronta, una pista impressa nel fogliame del sottobosco.

PR: Credi che la tua passione possa essere utile alla “comunità”?
AN: Forse si, visto che le voci di paese dicono che i lupi “sono troppi”, lo dicono senza avere prove scientifiche a riguardo e infatti la video-trappola dimostra che i lupi non sono troppi, sono pochi se paragonati alla quantità di potenziali prede. Pochi e con territori molto grandi! Fototrappolare può essere anche un deterrente al bracconaggio.

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