Paolo Rossi, il fotografo dei lupi: “Vi racconto il mio nuovo cortometraggio”
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Scritto da Valentina D’Amora
Paolo Rossi è un documentarista e fotografo genovese: dopo aver cercato (e trovato) i lupi sul territorio ligure, è riuscito, per primo, a immortalare il gatto selvatico allo stato brado in Liguria, di cui ha raccontato gli incontri nel cortometraggio “Felis”. Oggi torna con il suo quarto documentario incentrato sulla convivenza dell’uomo con gli animali selvatici.
Paolo Rossi è un fotografo e regista genovese, capace di far appassionare al “selvatico” chiunque lo ascolti, anche per pochi minuti. Con il suo linguaggio semplice, intrecciato con aneddoti e ironia, negli anni ha saputo affascinare grandi e piccoli mostrando i suoi scatti durante conferenze e workshop. Oggi ho deciso di raccontarvi la sua storia, iniziata dal suo vivace interesse nei confronti del Canis lupus, il lupo europeo, e della sua straordinaria capacità di adattamento.
«Quello che oggi è il mio lavoro è nato da una passione sbocciata alle superiori: mi sono diplomato alla scuola agraria con una tesina dal titolo “Il ritorno del lupo in Liguria” e, invece di proseguire con un percorso accademico, mi sono reso conto che quello che desideravo di più era vedere un lupo dal vero». Per questo, dopo la maturità, Paolo inizia ad abbinare il suo anelito a numerosi lavori part-time: «La mia è stata una lunghissima gavetta, in cui nel tempo perfezionavo sempre di più le mie conoscenze, osservavo, approfondivo e studiavo. Finché poi, finalmente, ho iniziato ad avvistare e a fotografare i lupi, anche se per raggiungere questo obiettivo mi sono impegnato per dieci anni».
«In un certo senso, posso dire che questo sia diventato il mio mestiere per caso, perché mi sono ritrovato a sentirmi chiedere da tanti: “Portaci sulle tracce del lupo”, “Perché non crei delle magliette sul nostro entroterra?”, “Perché non pubblichi un libro fotografico con i tuoi scatti?”. E numerose altre richieste simili». Oggi organizza escursioni e workshop in natura e, a partire dal 2017, ha pubblicato ben tre libri a tiratura limitata: “Lupi estremi”, “Incivili” e “Le ombre tra i faggi”. Parallelamente alle pubblicazioni, Paolo si avvicina anche al mondo dei documentari perché desidera affrontare con un diverso linguaggio sempre temi legati al mondo degli animali selvatici, ma da un’angolazione nuova: così inizia a realizzarli in modo indipendente, senza sponsor, esclusivamente con finanziamenti dal basso. Escono “Vacche ribelli”, “La vendetta del lupo monco”, “Felis” e il suo quarto corto: “Sopravvissuti all’homo sapiens”, di cui ha appena lanciato un crowdfunding .
L’APPROCCIO
Al fotografo piace paragonare il suo percorso da naturalista al rapporto tra indigeni e lupi, che lo affascina molto perché è umile e non pretende risposte: «In questi anni sono stato come un bambino indigeno, perché nemmeno io pretendevo risposte. Sono partito proprio dalle tracce dell’animale: le seguivo, le studiavo, ma non riuscivo comunque a vederli. Solo con l’esperienza ho capito in cosa sbagliavo e ho corretto il tiro: per esempio, mi sono reso conto che non stavo abbastanza tempo in natura e ho iniziato a farlo in ogni stagione e anche di notte».
Durante le nottate all’addiaccio, Paolo si rende conto quanto sia necessario riuscire a scacciare le proprie paure: «È così che il rapporto con te stesso si evolve, smetti di essere legato all’idea dello stare sempre in compagnia, in qualche modo protetto, e piano piano superi tutti quei timori che ti permettono di fare il “salto di qualità”. Ed è solo continuando a provare, che sono riuscito a scattare foto che nessuno prima era riuscito a fare». Quelle di Paolo Rossi, in effetti, sono foto uniche: oltre agli scatti ai lupi, è riuscito per primo a immortalare il Felis silvestris in Liguria, una specie felina estremamente elusiva, di cui nessuno prima aveva mai documentato la presenza sul territorio.
In questi anni il fotografo s’è fatto conoscere da tantissime persone e oggi ha uno straordinario seguito che apprezza il suo lavoro e che lo sostiene in tutti i suoi progetti. «Durante questo mio percorso non ho mai ricevuto sostegno da parte di enti, parchi o sponsor tecnici. Il successo è arrivato dal basso e solo grazie a quello che in questi anni sono riuscito a creare».
L’ambizione di Paolo, però. non si esaurisce nel fare qualcosa in cui gli altri fotografi non riescono, ma nella divulgazione, attraverso mostre, conferenze e incontri nelle scuole che sono la spina dorsale del suo lavoro.
IL NUOVO DOCUMENTARIO
“Sopravvisuti all’Homo sapiens” è un cortometraggio che racconta quali animali selvatici hanno resistito tra le montagne dell’Appennino ligure/piemontese negli anni di massima espansione della civiltà rurale. La situazione viene analizzata su tre fronti: storico, quindi perché l’uomo in passato ha sterminato gli animali; documentaristico, con le straordinarie immagini girate nei boschi da Paolo e il suo staff di naturalisti; scientifica, con l’intervista a un biologo che illustra per quali motivi sono riusciti a resistere all’uomo.
«Sono contento, perché stiamo creando documentari video e fotografici, mostrando tutto il bello che c’è proprio dietro casa: documentare la biodiversità ligure, in zone sconosciute ai più, che somigliano all’Alaska». E oltre a dimostrare l’esistenza di animali sconosciuti, Paolo porta avanti una battaglia etica anche dal punto di vista dell’impatto ambientale, perché i suoi lavori valorizzano l’ambiente e i territori poco conosciuti, seppur vicino casa. Concludo, sorridendo, il nostro incontro, chiedendogli come si vede tra dieci anni, visti i progressi del decennio appena trascorso: «Morto assiderato!».
Una chiacchierata illuminante che fa venire voglia di appassionarsi all’argomento, perché le sue immagini, che immortalano i nostri boschi in tutta la loro bellezza, sono un carburante positivo dei confronti della biodiversità locale.