Lo scorso martedì ventitrè gennaio la commissione stato regioni ha dato il primo via libera al nuovo piano di conservazione e gestione del lupo in Italia ed ormai siamo in attesa del voto politico previsto per il 2 di febbraio.
Il nuovo piano prevede 22 punti d’azione, ovvero delle linee guida da seguire per gestire al meglio la presenza della specie sul territorio nazionale in modo tale da permettere la convivenza tra uomo e lupo cercando di evitare al massimo i conflitti tra allevatori e questi animali.
Questi punti prevedono per esempio l’utilizzo di recinzioni allo scopo di evitare le predazioni da lupo ai capi di bestiame, l’utilizzo di cani da guardianìa, come il pastore maremmano e azioni indirizzate a diminuire il fenomeno dell’ibridazione tra cani vaganti e lupi, fenomeno spesso sottovalutato dall’opinione pubblica ma di fondamentale importanza; infatti molti dei presunti attacchi di lupo su greggi o altri animali domestici sono spesso opera di ibridi e non di veri lupi o peggio ancora opera di branchi di cani vaganti. Un altro punto preso in considerazione dal nuovo piano di gestione è quello di cercare di contenere per l’appunto il randagismo. Ma tra tutte queste soluzioni, quella che ha fatto più notizia è l’ultima, la ventiduesima: in casi di problematiche particolari e situazioni di difficoltà derivanti dalla gestione di questo animale, se le precedenti soluzioni non avessero ottenuto sufficienti riscontri positivi, il ventiduesimo punto prevedrebbe il possibile prelievo in natura di esemplari per una percentuale massima del 5% calcolato sul numero di presenze nazionali. Questa eventuale soluzione sarebbe da utilizzarsi solo in casi di “estrema necessità” e solo dopo l’approvazione dell’Ispra (Istituto Superiore Per La Protezione e Ricerca Ambientale), come afferma il Professore Luigi Boitani, biologo italiano tra i massimi esperti di lupi a livello internazionale, che ha partecipato alla stesura del Piano di Conservazione in questi giorni.
Il lupo, da 46 anni, in Italia è una specie fortemente protetta e la nuova stesura del testo di conservazione non deve fare pensare che questo animale abbia perso alcuni dei diritti che aveva conquistato: “questo nuovo decreto deve essere inteso con la finalità di diminuire il bracconaggio e i fenomeni di giustizia privata nei confronti di questo animale”, afferma il professore.
Andrea Marsan, zoologo e professore presso l’Università degli studi di Genova sostiene: “Il nuovo piano di conservazione prevede, in condizioni del tutto particolari, l’abbattimento del lupo quando i sistemi di prevenzione e di indennizzo risultano inefficaci alla riduzione dei danni e dei conflitti. In molte regioni italiane gli allevatori stanno iniziando a convivere con il lupo aiutati da recinti elettrificati e cani, il cui acquisto è, e deve essere, a carico della collettività. L’eventuale abbattimento sarebbe previsto come estrema ratio nel caso falliscano tutte le precedenti soluzioni, in questo modo il sacrificio di pochi lupi toglierebbe qualsiasi giustificazione a coloro che, sentendosi abbandonati dalle istituzioni, uccidono inutilmente e illegalmente questi splendidi animali”.
Ovviamente la possibilità che si possa abbattere un certo numero di esemplari, anche se in maniera estremamente controllata, ha sollevato proteste e critiche da parte delle associazioni ambientaliste (in primis Lipu, Enpa, Lac e Lav) e le loro preoccupazioni non sono affatto da biasimare in quanto è comprensibile che ci sia una forte apprensione per il destino di questo magnifico animale, e i timori che questa decisione possa risultare sbagliata od anacronistica sono evidenti.
Il prossimo 1 febbraio in Piazza De Ferrari a Genova si terrà un sit-in di protesta come in molte piazze d’Italia, al quale parteciperà anche Angelo Spanò, esponente dei Verdi, per sensibilizzare i politici a rivalutare le scelte prese.
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