Archivio per mese: marzo, 2016
Eroi Silenziosi
Quando la tradizione diventa estinzione
Dino è un membro del C.A.B.S. che spesso trascorre le ferie sull’isola di Cipro “cercando di farsi ammazzare”: infatti Dino combatte il bracconaggio nella parte greca dell’isola, “dove la tradizione (reti) è diventata quasi estinzione (reti + richiami elettronici)” allo scopo di catturare piccoli uccelli migratori (ma anche gli uccelli rapaci che finiscono in trappola, come Gufi e Falchi vengono uccisi perché non utili). L’estinzione della fauna selvatica a Cipro come in molte parti del mondo è un business: cucina, medicina, tradizione, ecc…. e chi si “intromette” rischia la propria incolumità.
Centinaia di miliaia di uccelli migratori e stanziali vengono ammazzati ogni anno a Cipro parte greca
Dino libera uno Sparviere dopo le cure, era in una rete e sarebbe stato ucciso dal bracconiere cipriota
Dino e altri membri del CABS rischiano la propria vita per impedire la possibile estinzione di alcune specie di uccelli
Le trappole non fanno selezione: in foto un Barbagianni pulito dal vischio di una trappola cipriota. Tornerà in libertà qualche giorno dopo lo scatto
Le reti unite ai richiami elettronici rappresentano un mix terrificante (tradizione+tecnologia moderna) per gli uccelli migratori spossati dal lungo viaggio
Approfondimenti
http://www.komitee.de/it/start
https://www.facebook.com/CABSItalia/?fref=ts
Reportage di Jonathan Franzen
http://archivio.internazionale.it/cieli-silenziosi
Tra gli alleati del CABS: Enpa e NOA
https://www.facebook.com/enpagenova1/?fref=ts
http://www.corpoforestale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/375
Gli imperdibili 2015 (Top documentari e sorpresa)
Racing Extinction
Come preservare la Biodiversità attraverso le nostre scelte di vita quotidiana.
Cowspiracy
L’impatto devastante e “determinante” degli allevamenti zootecnici sul pianeta e i motivi per i quali le grandi associazioni ambientaliste non parlano/combattono il problema
Il Sale della Terra
Storia e Attivismo di un grandissimo fotografo del nostro tempo
Sorpresa: ho ripescato stralci di vecchiotti ma sempre attuali articoli dell’Internazionale
Tratto da Internazionale 23 maggio 2008
Qui pianeta Terra di Michael Pollan
Il virus del cambiamento (…) I motivi per non fare nulla sono molti e apparentemente convincenti, almeno per chi ha la mentalità dell’energia a basso costo. Vorrei suggerire alcuni motivi da mettere sull’altro piatto della bilancia. Se facciamo qualcosa, diamo l’esempio ad altri. Se un numero sufficiente di persone cominciasse a fare qualcosa, ognuna influenzerebbe altre persone e si verificherebbe una reazione a catena di comportamenti diversi. Il mercato dei prodotti biologici e delle tecnologie alternative crescerebbe. Molti prenderebbero coscienza del problema, forse cambierebbero. Nascerebbero nuovi imperativi morali e nuovi tabù: forse guidare un Suv, mangiare una bistecca da un chilo o illuminare una casa come fosse un aeroporto sarebbero considerati comportamenti incoscienti. Non possedere troppe cose potrebbe diventare di moda. E i pionieri del nuovo stile di vita avrebbero il diritto morale di chiedere anche agli altri – persone, industrie, paesi – di cambiare i loro comportamenti. Tutto questo, in teoria, potrebbe succedere. Si tratta di un cambiamento sociale di tipo virale, cioè non lineare e non prevedibile. Chissà, forse il virus arriverà fino a Chongging e contagerà anche “il mio gemello cattivo cinese”. O forse succederà il contrario, e tra qualche anno l’ambientalismo sarà passato di moda. Scegliere di vivere in modo più ecologico è solo una scommessa, niente di più e niente di meno. Ma forse, anche se le probabilità di vincerla sono poche, dovremmo accettarla tutti. A volte bisogna agire come se le nostre azioni potessero fare una qualche differenza, anche se non ne siamo certi. Dopotutto, è proprio questo che è successo nella Cecoslovacchi e nella Polonia comuniste, quando gli uomini come Vaclav Havel e Adam Michnik hanno deciso di vivere “come se” la loro fosse un società libera. Quella scommessa improbabile creò un piccolo spazio di libertà, che con il tempo si allargò fino a provocare il crollo di tutto il blocco orientale. Secondo Vaclav Havel, di fronte alla crisi ambientale la gente dovrebbe cominciare a comportarsi “come se dovesse vivere su questa Terra per sempre e un giorno dovesse rendere conto delle condizioni in cui la lascia”. Sono d’accordo, ma vorrei dare un suggerimento meno astratto e scoraggiante: trovate una cosa da fare nella vostra vita che non sia spendere né votare, che forse sconvolgerà il mondo come un virus o forse no, ma che sia reale e specifica (oltre che simbolica) e che, qualunque cosa succeda, abbia i suoi vantaggi. Potreste decidere di rinunciare alla carne, cosa che ridurrebbe di un quarto la vostra impronta di carbonio. Oppure per un giorno alla settimana, astenetevi completamente da qualsiasi attività economica: niente shopping, niente automobile, niente elettronica.
Tratto da Internazionale del 28 novembre 2008
Sulla via del disastro di Herman Daly
(…) Limite oltrepassato – Le dimensioni dell’economia globale si stanno avvicinando al limite massimo di sopportazione del pianeta. Man mano che gli oceani si svuotano di pesci, le foreste si riducono e i gas serra nell’atmosfera aumentano, i costi ambientali e sociali di un’ulteriore crescita sono destinati a intensificarsi fino al punto in cui il prezzo che pagheremo per ogni punto extra di crescita sarà maggiore dei benefici che ne ricaviamo. Anzi, ci sono elementi per sostenere che abbiamo già oltrepassato quel limite, almeno in paesi ricchi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Fino quando il nostro sistema economico si baserà sulla rincorsa alla crescita, andremo incontro a un disastro ambientale ed economico. Per evitarlo, dobbiamo spostare l’obiettivo dalla crescita quantitativa allo sviluppo qualitativo e porre limiti rigorosi alla velocità con cui consumiamo le risorse della Terra. Il valore dei beni prodotti può comunque aumentare, ma le dimensioni fisiche dell’economia devono essere contenute entro un livello che il pianeta sia in grado di sostenere. Dopo duecento anni di crescita è difficile immaginare come possa essere un’economia controllata, ma non vuol dire necessariamente che ci congeleremo al buio sotto il giogo di una tirannia comunista. Gran parte dei cambiamenti possono essere introdotti gradualmente.